Marianna Madia, su Facebook, ha pubblicato una nota che trovate qui sotto. Credo fortemente che, al di là del merito, sia offensivo per gli elettori che (loro malgrado, visto che non c'erano preferenze...) hanno eletto la suddetta in Parlamento. Dicevo al di là del merito perché, se leggete bene la nota, sembra "un pensierino da liceale" (cito da un commento su Facebook). Che tristezza... Vi invito a leggere anche i commenti sotto...
Parlare di una tragedia come quella del terremoto, giusto per prendere il pretesto per farsi vedere "riformisti" o "politicamente corretti", mi sembra davvero assurdo. Tanto più che, penso, prima di tutto bisogna ringraziare i volontari che, rinunciando o al proprio tempo libero o al proprio lavoro, sono scesi in Abruzzo a sporcarsi le mani ed aiutare.
Sembra un temino in classe.
Tema: come pensi si stia comportando il Governo italiano in relazione alla tragedia in Abruzzo?
Svolgimento:
"Il governo e la protezione civile hanno fatto bene sinora. Nella lunga e travagliata storia dei disastri naturali nel nostro paese non sono mai mancate le polemiche sulla “macchina dei soccorsi”. Da quello che vediamo in tv o leggiamo sui giornali, dalle interviste alle persone, dai racconti di amici e conoscenti abruzzesi, mi sembra che si possa dire che lo Stato italiano abbia agito con prontezza, attenzione ed esperienza. Anche Berlusconi ha, personalmente, lavorato al meglio.
Un Capo di Governo in frangenti come questi, non deve essere soltanto il “capo dei soccorsi”. Deve essere un simbolo, un punto di riferimento per i terremotati, la garanzia vivente che queste persone non saranno lasciate sole. Credo che l’incidente di “Annozero” debba chiudersi, senza censure o ulteriori polemiche. Altra cosa sono le responsabilità passate, le disattenzioni, persino i crimini commessi truccando edifici che sono venuti giù come castelli di sabbia. Di qualunque colore politico o da qualunque persona vengano queste responsabilità vanno accertate, e i responsabili perseguiti. Nel frattempo, da deputata di opposizione, non ho alcuna remora a sostenere il governo per quanto ha fatto finora in questo specifico caso. Mi auguro che continui così. Dopo 124 commentia questa nota penso di aver sicuramente centrato l’obiettivo di far discutere. Non voglio difendermi dalle tantissime critiche ma vorrei precisare che il mio giudizio su un anno di governo è pesantissimo e negativo. Le mie considerazioni nascevano dall’esigenza non di esaltare Berlusconi ma un paese che di fronte ad un disastro immane ha reagito bene, nell’organizzazione della macchina dei soccorsi. In quanto al governo il mio è un commento parziale che riguarda solo questi dieci giorni. Adesso ci sono le sfide più grandi, quelle della ricostruzione. Che non si potranno risolvere con le visite ai campi che pure, continuo a pensare, erano un atto dovuto e necessario da parte del premier. Su quelle decisioni che saranno prese a Roma come PD vigileremo con serietà e onestà".
Sono d'accordo che non bisogna essere "antiberlusconiani" e condivido anche parzialmente certe cose, ma l'opportunità politica del tutto...
6 commenti:
dalla Madia ti aspettavi qualcosa di più profondo?
o magari da Matteo Colaninno... o da Massimo Calearo.... o dalla figlia di Merloni...
ah io sono fiero di essere antiberlusconiano...!!!
è colpa di persone del genere se il pd si trova in enormi difficoltà.. e non mi riferisco solo alla Madia, la stessa Finocchiaro, in diretta durante Ballarò, ha tenuto un discorso degno del peggior Capezzone nell'elogiare il governo!
Ma se il governo ha fatto bene cosa doveva dire? Che ha fatto male per partito preso? Prendere come scusa anche una tragedia come il terremoto per ribadire il proprio antiberlusconismo mi sembra criminale. Davanti a queste cose nessuna fazione, una sola bandiera, quella italiana, per aiutare i nostri fratelli.
«Dovrei cominciare parlando della banda guidata da un partigiano chiamato Falco, però le confesso che so poco di lui. Era certamente un comunista, forse aggregato a qualche formazione della zona, ma con la voglia di fare da solo, decidere da solo e rapinare e uccidere da solo. Un altro dato sicuro è che Falco era un sadico, uno che concepiva la punizione dei fascisti sconfitti come un insieme di violenze feroci e di esecuzioni a raffica. Succede spesso nelle guerre civili: da una parte e dall’altra, insieme ai caratteri generosi, emergono i sanguinari, che scoprono in quei frangenti il piacere di dare la morte obbligando le vittime a soffrire. Al 25 aprile, Falco e i suoi, una decina di uomini, decisero di fare della cartiera di Mignagola un luogo infernale per i fascisti in fuga. Avevano una
specie di avamposto: una grande villa a Breda di Piave, un poco più a nord. Era la villa Dal Vesco, che aveva già visto l’assassinio dei tre proprietari, eliminati nel febbraio 1945 per non aver ceduto ai tentativi di estorsione di qualche banda. Falco prese possesso della villa il 26 aprile e da quel momento l’avamposto cominciò a funzionare. Qui gli arrestati, militari sbandati e anche molti civili della zona, fascisti o ritenuti tali, venivano picchiati a sangue, processati in modo sommario e avviati quasi tutti alla cartiera. (…) Era a villa Dal Vesco che cominciavano i sadismi sui prigionieri. Lamette conficcate in gola. Obbligo di inghiottire i distintivi metallici strappati alle divise. Spilloni nei genitali. Percosse con i calci dei fucili, bastoni, verghe d’ acciaio. Quelli destinati a morire li trasferivano in camion alla cartiera. Ma qui la morte non arrivava mai in fretta, come una liberazione. Prima di essere giustiziati, i fascisti dovevano camminare o ballare a piedi nudi su cocci di bottiglia. O erano costretti a riempirsi la bocca di carta che poi veniva incendiata».
Gallinella. Gallinella mi mancava proprio. “Eccole lì, felici e trionfanti attorno al nuovo ducetto: come un mazzo di fiori, con le loro camicette bianche sull’impetuoso seno, le donne ministro, la Carfagna e la Meloni, le gallinelle del padrone”.
Il sacerdote dell’odio e della Liberazione, Giorgio Bocca, nel suo settimanale sbocco di bile (ma solo perché l’Espresso è settimanale, sennò sarebbe quotidiano) contro il premier italiano e tutti coloro che lo votano, si è così gentilmente rivolto nei miei confronti e nei confronti della collega Carfagna. La lettura accurata dello scritto di Bocca, come d’altra parte di tutti i suoi scritti, a cominciare da quelli del ‘42 in cui sosteneva la “necessità ineluttabile” di dover sterminare il popolo ebraico o come quelli feroci contro il commissario Calabresi che precedettero il suo omicidio, mi ha sollecitato alcune riflessione sul personaggio e sul significato dei questo 25 Aprile.
Innanzitutto, mi piacerebbe sapere cosa conosce questo illustre signore della mia vita, delle miei idee, del mio percorso politico. Immagino non gliene possa fregare di meno, poiché la sua verità non può certo perdere tempo con queste stupidaggini. Io penso invece che si debba rispettare chiunque, soprattutto chi la pensa diversamente da me e magari anche documentarsi un po’. Che per un giornalista, più o meno illustre, non fa mai male. Sarà un pensiero troppo fascista? Spero di no. Credo anche che si possa fare un’aspra polemica politica contro chiunque, senza però colpire indiscriminatamente nel mucchio. Sforzandosi al dubbio, alla legittimazione dell’avversario. Sarà una tecnica squadrista? Mi auguro di no.
Il problema di Giorgio Bocca, oltre al solito mediocre maschilismo tanto caro ad una parte importante della nostra presunta intellighenzia, ha una definizione clinica molto precisa: “la sindrome del veterano”. Poco importa che nel suo caso si tratti contemporaneamente di un ardente veterano fascista e di un fervente veterano partigiano. L’odio è evidentemente la sua unica ragione di vita. Combattere i fascisti è ciò che ancora dà un senso al trascorrere dei suoi giorni. Anche dopo 65 anni, anche dopo la scomparsa di tutti i partiti del dopoguerra e di buona parte degli uomini e delle donne che vi militarono dignitosamente, orgogliosamente.
Ecco, io non posso non interrogarmi su quanta parte dei festeggiamenti del 25 Aprile sia ammalata della stessa malattia, della “sindrome del veterano”. Mentre non ho dubbi, rispetto al fatto che non vi è alcun motivo per dividere la gente italiana oggi, così come per esaltare momenti che, comunque la si pensi, hanno lacerato migliaia di famiglie italiane. Da una parte il nonno fascista e dall’altra il nonno partigiano. E quale sarebbe l’utilità sociale e patriottica di esporre il vecchio nonno fascista al ludibrio, alla deplorazione del suo giovane nipote? Ma che diavolo d’Italia può crescere su fondamenta di odio, di sangue e di ferite nazionali? Provoco: e se il 25 Aprile diventasse col passare del tempo solo la festa italiana della libertà, della democrazia, dei diritti civili? Piuttosto che dell’antifascismo, dei partigiani bianchi oppure rossi. Sarebbe davvero così grave? Lo domando a voi illustri Padri della patria.
Io non sono mai stata fascista, né antisemita, né comunista e neppure partigiana. E vale lo stesso per il ministro Carfagna. Siamo entrambe nate nella seconda metà degli anni ‘70 e, se Dio lo vorrà, la maggior parte della nostra vita si svolgerà nel ventunesimo secolo. Dunque, perché dovremmo essere il nemico di Giorgio Bocca? O addirittura del 25 Aprile? Perché non potremmo essere semplicemente due donne che credono nei valori della libertà e cercano di fare del proprio meglio nell’incarico che è stato loro affidato?
Caro Bocca, permettimi un consiglio da nipote. Ricorda pure con affetto e nostalgia la tua postazione armata sull’isola, ma è arrivato il momento di tornare a casa. Scoprirai tante persone piene di difetti, che magari la pensano diversamente da te su alcune questioni, ma hanno voglia di trovare insieme delle soluzioni, di onorare insieme la libertà, la democrazia, l’onestà, e questa bella idea chiamata Italia.
Chissà che non sia anche un modo per riconciliarti con te stesso. Te lo auguro. Non è mai troppo tardi.
di Giorgia Meloni - Ministro della Gioventù
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