Conferenza Programmatica : costruire un racconto compiuto
Questa Conferenza Programmatica è un momento importantissimo per il nostro partito. Il PD trova le sue maggiori difficoltà quando non riesce a dare una prospettiva chiara sui temi, sulle idee. La giornata di oggi e quello che significa, ossia un lavoro di mesi sui temi, serve a dare al PD senese la propria dimensione. C’è stato infatti un lavoro lungo e serio sulle tematiche con un confronto attento ai territori.
Un Partito come il nostro non deve essere capace solo di ascoltare o di interpretare i sondaggi, un Partito come il nostro ha bisogno di proporre alternative concrete e coraggiose ai cittadini. E quindi sottoporsi al loro giudizio. Noi non dobbiamo avere paura di confrontarci anche seriamente e duramente sui temi. Dividersi si, ma sulle questioni e non secondo logiche vecchie o nazionali.
Il PD a Siena ha la statura e soprattutto gli uomini e le donne per rappresentare una vera e concreta alternativa culturale. Un’alternativa che non significa solo buon Governo, ma anche una capacità di incidere con scelte lungimiranti sul tessuto sociale. Nelle idee di questa conferenza e del candidato Bezzini c’è questa carica. A cosa serve un Partito se vive solo di consenso contingente? Un Partito serve quando crea una prospettiva seria, di lungo respiro e che sa anche far sognare. Soprattutto in un periodo di crisi come l’attuale.
Partiamo quindi da qui per dare un’identità definita al PD senese e per creare un programma condiviso e maggioritario per le prossime amministrative.
Abbiamo bisogno di dare risposte a una crisi che tocca tutti trasversalmente e in modo totalmente nuovo. In particolare, le giovani generazioni si ritrovano prostrate dalla crisi. Una crisi che mangia il lavoro, il potere d’acquisto, persino, con la determinante complicità di un Governo irresponsabile, il sacrosanto diritto ad un’istruzione pubblica di qualità. Solo un solido patto intergenerazionale e politiche coraggiose possono invertire la tendenza.
La crisi sta colpendo duramente il lavoro dipendente precario. Chi si affaccia al mondo del lavoro in questi anni duemila sa che ad aspettarlo ci sarà una costellazione di contratti con sigle singolari che in sostanza significa: precarietà. Una precarietà che, finché il lavoro c’è, rappresenta un’ingiustizia e un problema, ma che, quando il lavoro viene a mancare, significa disoccupazione. E la precarietà usa e getta così concepita significa precarietà di vita: impossibilità di accesso alla casa, impossibilità di costruire una famiglia… In una parola, uno schiacciamento del futuro su un eterno presente.
La destra propone una soluzione che sottovalutiamo e che invece è fortemente coerente e affonda le proprie radici in un retroterra culturale solido. Ci dice: “vivi questo eterno presente e aspetta l’occasione giusta; basta essere normali ed avere la propria occasione” e così via con reality, lotterie e consumi. Noi abbiamo il dovere morale, oltreché politico, di raccontare una storia diversa. Abbiamo il dovere morale di non appiattirci sull’agenda della destra. Abbiamo il dovere morale di costruire un racconto compiuto di una società diversa per i ragazzi e le ragazze del nostro Paese e del nostro territorio. Questa conferenza programmatica serve anche a questo.
Il nostro messaggio deve essere di fiducia. Dobbiamo parlare di fiducia nella società. Dobbiamo dire che il lavoro è un diritto, non solo un dovere. Che il lavoro non significa mezzo per il sostentamento, ma il lavoro è la massima espressione delle proprie capacità al servizio di sé stessi e della società. Dobbiamo avere il coraggio di dare valore al sacrificio dello studio e della formazione perché sappiamo proporre un sistema in cui i meriti vengono valorizzati e non mortificati. Avere il coraggio, ad esempio, di dire ad un ragazzo che viene dal sud Italia e passa sei o sette anni a studiare Medicina a Siena che, quando affronterà un concorso, conterà solo il merito. E non si vedrà passare avanti il figlio di un docente con le risposte al test in tasca. Solo così possiamo vincere veramente. Vincere nella società e non nonostante questa.
Le giovani generazioni in Italia sono poche numericamente e hanno visto un crollo delle loro prerogative all’interno della società in quasi tutti i settori. Dobbiamo invertire la tendenza. L’età media in Parlamento è cresciuta, nella storia della Repubblica, da 46 anni di media ai 52. E questa è solo la punta dell’iceberg, perché la Politica è lo specchio della società. In Italia si diventa avvocati a 30 anni, in Spagna a 26. Nell’imprenditoria, solo negli ultimi sette anni, abbiamo visto un calo di nuove imprese giovanili del 12% se consideriamo le ditte individuali.
E allora non ci stupirà che quasi due ragazzi su dieci tra i 20 e i 25 anni si astengono e che questo dato sia raddoppiato in soli dieci anni. E questa è la fascia di età, a parte gli ultra-settantenni, che più si astiene. Ecco la chiave di volta: cominciamo da queste amministrative. Agiamo anche su questa fascia di elettori, spesso quella più sfuggente, meno vincolata ad un voto costante nel corso della propria vita, che ha perso i riferimenti tradizionali o familiari del voto. Che ha perso il senso di appartenenza. Noi non abbiamo bisogno di richiamarci a vecchi schemi di appartenenza, ma non possiamo rinunciare di creare un senso di appartenenza ad un enorme gruppo di persone, di ogni età e fascia sociale, che ha in mente il preciso obiettivo di cambiare nel profondo la nostra società e le annose questioni come quella morale o quella del disimpegno e dell’egoismo.
La crisi di prerogative che dicevo si accompagna ad una crisi culturale e di riferimenti profonda. L’estensione delle opportunità immediate, portata soprattutto dal web, non si è accompagnata ad un mutamento significativo né della Politica, né, tantomeno, delle istituzioni. Così si arriva al paradosso che per agire sul mercato basta un click, che ci sia da prenotare un volo per l’altra parte del mondo o che ci sia da acquistare un prodotto informatico a ottomila chilometri di distanza, mentre per rapportarsi con qualsiasi istituzione o servizio pubblico (salvo rare eccezioni) bisogna mettersi in fila per essere liquidati o trattati male. Questo esempio, l’unico per ragioni di spazio, può sembrare piccola cosa, invece è una delle ragioni dello scollamento tra giovani generazioni e sfera pubblica.
Come rispondere, come comportarsi dunque? Questa Conferenza dà molte risposte aperte. Io credo che un punto su cui insistere fortemente sia quello dell’istruzione pubblica. Lo diceva un filosofo, Rousseau, nel Settecento che “l’istruzione è l’affare di Stato più importante”. Quando lo scriveva, era qualcosa di Rivoluzionario, in un tempo in cui gli affari di stato più importanti erano le guerre o le regge. Il fatto che anche oggi dirlo sia “Rivoluzionario” dovrebbe far pensare.
Per tornare a noi, il forum scuola del PD a Siena, con Simonetta Pellegrini, ha cercato di scandagliare la nostra realtà alla ricerca di eccellenze. E abbiamo capito che, dove c’è volontà e coraggio, ci sono anche le eccellenze. Premiamo l’acceleratore in questa direzione. Non abbiamo paura di dire che noi del Partito Democratico siamo quelli che difendono la scuola pubblica, si la scuola Pubblica, ossia quella che sta anche dove ai privati non conviene: in un piccolo paese isolato o nella periferia di Napoli. Noi difendiamo la scuola pubblica e con essa il ruolo fondamentale degli insegnanti, uno dei ruoli chiave di una società democratica, e la centralità degli studenti.
E assieme alla scuola, l’Università. Quando ne abbiamo parlato, con altri ragazzi, tra cui devo ringraziare Giovanni Avena e Rodolfo Montagnani, impegnati direttamente nel cda e nel Senato del nostro Ateneo, ci è venuta subito un’idea: una crisi è anche una opportunità. Bisogna far sì che la crisi dell’Ateneo senese non ci porti ai processi pubblici o al passarsi le responsabilità, non ci porti ad una sterile chiacchierata su quanti membri (e magari chi devono essere) per il Cda, non ci porti magari all’approfittarsi della crisi per blindare ancora di più il sistema universitario, già troppo incrostato. Vi dico solo che ad oggi, in Italia, solo un Professore Ordinario all’Università su mille sta sotto i trentacinque anni, mentre sono cresciuti negli ultimi venti anni dell’11% i Docenti ultrasessantacinquenni e del 13% quelli tra i 55 e i 65 anni. Non è un discorso giovanilista, assolutamente: il rinnovamento non si risolve con l’età anagrafica. Il rinnovamento si risolve con nuove idee, nuove facce, nuove strategie.
Il nostro compito sull’Università, e trovate un contributo in cartellina, è quello di dare una linea di ampio respiro, di stimolare la discussione, di approfondire, di disegnare l’Università del futuro. Però, come partito di centrosinistra, non possiamo prescindere dalla difesa convinta della democrazia interna e della possibilità di tutti coloro che vivono quotidianamente l’Università o la sostengono come territorio di dare il loro contributo all’Ateneo in tutti gli organi maggiori. Questo per democrazia, e ci chiamiamo democratici non a caso. Questo per trasparenza, quello che diciamo sempre. Questo per la volontà di scommettere sui giovani non con quote o garanzie, ma rendendoli liberi di agire e mettendoli così alla prova. Questo, infine, anche per un quadro normativo nazionale che obbliga tutti gli Atenei a prevedere la rappresentanza, ad esempio, degli studenti nei luoghi in cui si decide a livello di Ateneo.
La nostra Università può uscire dalla crisi rafforzata. L’Università deve essere più accessibile e allo stesso tempo più capace di selezionare i meriti e i talenti. Non serve a niente un’Università che premia indiscriminatamente tutti, serve una Università che fa mettere in gioco gli studenti in un quadro di didattica di alto livello. Li mette in gioco con i loro colleghi europei. Li mette in condizioni di avere un collegamento solido tra mondo della formazione universitaria, della ricerca e del lavoro. La crescita individuale significa crescita della società solo se la società (e quindi privati, Politica e istituzioni) è in grado di fornire le opportunità di applicazione per le persone che forma. Il PD a Siena negli ultimi mesi si è interrogato fortemente su questi temi e questo mi fa molto piacere perché se ne sentiva il bisogno. Purtroppo il tempo non mi permette di sviluppare questo ragionamento e vado a chiudere.
Al nostro Partito spetta una sfida molto difficile nei prossimi mesi. Io credo che l’impostazione che stiamo dando alla Campagna Elettorale e al nostro Partito sia giusta. Parlare di temi. Costruire, come ho cercato di dire, un racconto compiuto della società. Non una serie di proposte fini a sé stesse, ma una serie di proposte collegate in un disegno più grande per i nostri territori e per i cittadini, che si trovano spiazzati dalla crisi. Questo racconto compiuto parte da qui. Parte da una serie di proposte e riflessioni per lavorare su una nuova società. Una società diversa in cui la sfera pubblica dei cittadini sia sempre più solida e non abdichi semplicemente al privato, nella disillusione più assoluta, o nella paura. Non possiamo permettere che le nostre terre vedano cittadini che vivono di giorno come attorniati da nemici e competitori ovunque, e che la notte, magari, dormono con la testata del letto accanto ad un muro oltre il quale dorme un’altra famiglia di cui nemmeno si conosce il nome. Partendo anche da qui, dalla storia di vita di ciascuno, possiamo continuare e magari insegnare ad essere un’alternativa vera e solida nella società.
Questa Conferenza Programmatica è un momento importantissimo per il nostro partito. Il PD trova le sue maggiori difficoltà quando non riesce a dare una prospettiva chiara sui temi, sulle idee. La giornata di oggi e quello che significa, ossia un lavoro di mesi sui temi, serve a dare al PD senese la propria dimensione. C’è stato infatti un lavoro lungo e serio sulle tematiche con un confronto attento ai territori.
Un Partito come il nostro non deve essere capace solo di ascoltare o di interpretare i sondaggi, un Partito come il nostro ha bisogno di proporre alternative concrete e coraggiose ai cittadini. E quindi sottoporsi al loro giudizio. Noi non dobbiamo avere paura di confrontarci anche seriamente e duramente sui temi. Dividersi si, ma sulle questioni e non secondo logiche vecchie o nazionali.
Il PD a Siena ha la statura e soprattutto gli uomini e le donne per rappresentare una vera e concreta alternativa culturale. Un’alternativa che non significa solo buon Governo, ma anche una capacità di incidere con scelte lungimiranti sul tessuto sociale. Nelle idee di questa conferenza e del candidato Bezzini c’è questa carica. A cosa serve un Partito se vive solo di consenso contingente? Un Partito serve quando crea una prospettiva seria, di lungo respiro e che sa anche far sognare. Soprattutto in un periodo di crisi come l’attuale.
Partiamo quindi da qui per dare un’identità definita al PD senese e per creare un programma condiviso e maggioritario per le prossime amministrative.
Abbiamo bisogno di dare risposte a una crisi che tocca tutti trasversalmente e in modo totalmente nuovo. In particolare, le giovani generazioni si ritrovano prostrate dalla crisi. Una crisi che mangia il lavoro, il potere d’acquisto, persino, con la determinante complicità di un Governo irresponsabile, il sacrosanto diritto ad un’istruzione pubblica di qualità. Solo un solido patto intergenerazionale e politiche coraggiose possono invertire la tendenza.
La crisi sta colpendo duramente il lavoro dipendente precario. Chi si affaccia al mondo del lavoro in questi anni duemila sa che ad aspettarlo ci sarà una costellazione di contratti con sigle singolari che in sostanza significa: precarietà. Una precarietà che, finché il lavoro c’è, rappresenta un’ingiustizia e un problema, ma che, quando il lavoro viene a mancare, significa disoccupazione. E la precarietà usa e getta così concepita significa precarietà di vita: impossibilità di accesso alla casa, impossibilità di costruire una famiglia… In una parola, uno schiacciamento del futuro su un eterno presente.
La destra propone una soluzione che sottovalutiamo e che invece è fortemente coerente e affonda le proprie radici in un retroterra culturale solido. Ci dice: “vivi questo eterno presente e aspetta l’occasione giusta; basta essere normali ed avere la propria occasione” e così via con reality, lotterie e consumi. Noi abbiamo il dovere morale, oltreché politico, di raccontare una storia diversa. Abbiamo il dovere morale di non appiattirci sull’agenda della destra. Abbiamo il dovere morale di costruire un racconto compiuto di una società diversa per i ragazzi e le ragazze del nostro Paese e del nostro territorio. Questa conferenza programmatica serve anche a questo.
Il nostro messaggio deve essere di fiducia. Dobbiamo parlare di fiducia nella società. Dobbiamo dire che il lavoro è un diritto, non solo un dovere. Che il lavoro non significa mezzo per il sostentamento, ma il lavoro è la massima espressione delle proprie capacità al servizio di sé stessi e della società. Dobbiamo avere il coraggio di dare valore al sacrificio dello studio e della formazione perché sappiamo proporre un sistema in cui i meriti vengono valorizzati e non mortificati. Avere il coraggio, ad esempio, di dire ad un ragazzo che viene dal sud Italia e passa sei o sette anni a studiare Medicina a Siena che, quando affronterà un concorso, conterà solo il merito. E non si vedrà passare avanti il figlio di un docente con le risposte al test in tasca. Solo così possiamo vincere veramente. Vincere nella società e non nonostante questa.
Le giovani generazioni in Italia sono poche numericamente e hanno visto un crollo delle loro prerogative all’interno della società in quasi tutti i settori. Dobbiamo invertire la tendenza. L’età media in Parlamento è cresciuta, nella storia della Repubblica, da 46 anni di media ai 52. E questa è solo la punta dell’iceberg, perché la Politica è lo specchio della società. In Italia si diventa avvocati a 30 anni, in Spagna a 26. Nell’imprenditoria, solo negli ultimi sette anni, abbiamo visto un calo di nuove imprese giovanili del 12% se consideriamo le ditte individuali.
E allora non ci stupirà che quasi due ragazzi su dieci tra i 20 e i 25 anni si astengono e che questo dato sia raddoppiato in soli dieci anni. E questa è la fascia di età, a parte gli ultra-settantenni, che più si astiene. Ecco la chiave di volta: cominciamo da queste amministrative. Agiamo anche su questa fascia di elettori, spesso quella più sfuggente, meno vincolata ad un voto costante nel corso della propria vita, che ha perso i riferimenti tradizionali o familiari del voto. Che ha perso il senso di appartenenza. Noi non abbiamo bisogno di richiamarci a vecchi schemi di appartenenza, ma non possiamo rinunciare di creare un senso di appartenenza ad un enorme gruppo di persone, di ogni età e fascia sociale, che ha in mente il preciso obiettivo di cambiare nel profondo la nostra società e le annose questioni come quella morale o quella del disimpegno e dell’egoismo.
La crisi di prerogative che dicevo si accompagna ad una crisi culturale e di riferimenti profonda. L’estensione delle opportunità immediate, portata soprattutto dal web, non si è accompagnata ad un mutamento significativo né della Politica, né, tantomeno, delle istituzioni. Così si arriva al paradosso che per agire sul mercato basta un click, che ci sia da prenotare un volo per l’altra parte del mondo o che ci sia da acquistare un prodotto informatico a ottomila chilometri di distanza, mentre per rapportarsi con qualsiasi istituzione o servizio pubblico (salvo rare eccezioni) bisogna mettersi in fila per essere liquidati o trattati male. Questo esempio, l’unico per ragioni di spazio, può sembrare piccola cosa, invece è una delle ragioni dello scollamento tra giovani generazioni e sfera pubblica.
Come rispondere, come comportarsi dunque? Questa Conferenza dà molte risposte aperte. Io credo che un punto su cui insistere fortemente sia quello dell’istruzione pubblica. Lo diceva un filosofo, Rousseau, nel Settecento che “l’istruzione è l’affare di Stato più importante”. Quando lo scriveva, era qualcosa di Rivoluzionario, in un tempo in cui gli affari di stato più importanti erano le guerre o le regge. Il fatto che anche oggi dirlo sia “Rivoluzionario” dovrebbe far pensare.
Per tornare a noi, il forum scuola del PD a Siena, con Simonetta Pellegrini, ha cercato di scandagliare la nostra realtà alla ricerca di eccellenze. E abbiamo capito che, dove c’è volontà e coraggio, ci sono anche le eccellenze. Premiamo l’acceleratore in questa direzione. Non abbiamo paura di dire che noi del Partito Democratico siamo quelli che difendono la scuola pubblica, si la scuola Pubblica, ossia quella che sta anche dove ai privati non conviene: in un piccolo paese isolato o nella periferia di Napoli. Noi difendiamo la scuola pubblica e con essa il ruolo fondamentale degli insegnanti, uno dei ruoli chiave di una società democratica, e la centralità degli studenti.
E assieme alla scuola, l’Università. Quando ne abbiamo parlato, con altri ragazzi, tra cui devo ringraziare Giovanni Avena e Rodolfo Montagnani, impegnati direttamente nel cda e nel Senato del nostro Ateneo, ci è venuta subito un’idea: una crisi è anche una opportunità. Bisogna far sì che la crisi dell’Ateneo senese non ci porti ai processi pubblici o al passarsi le responsabilità, non ci porti ad una sterile chiacchierata su quanti membri (e magari chi devono essere) per il Cda, non ci porti magari all’approfittarsi della crisi per blindare ancora di più il sistema universitario, già troppo incrostato. Vi dico solo che ad oggi, in Italia, solo un Professore Ordinario all’Università su mille sta sotto i trentacinque anni, mentre sono cresciuti negli ultimi venti anni dell’11% i Docenti ultrasessantacinquenni e del 13% quelli tra i 55 e i 65 anni. Non è un discorso giovanilista, assolutamente: il rinnovamento non si risolve con l’età anagrafica. Il rinnovamento si risolve con nuove idee, nuove facce, nuove strategie.
Il nostro compito sull’Università, e trovate un contributo in cartellina, è quello di dare una linea di ampio respiro, di stimolare la discussione, di approfondire, di disegnare l’Università del futuro. Però, come partito di centrosinistra, non possiamo prescindere dalla difesa convinta della democrazia interna e della possibilità di tutti coloro che vivono quotidianamente l’Università o la sostengono come territorio di dare il loro contributo all’Ateneo in tutti gli organi maggiori. Questo per democrazia, e ci chiamiamo democratici non a caso. Questo per trasparenza, quello che diciamo sempre. Questo per la volontà di scommettere sui giovani non con quote o garanzie, ma rendendoli liberi di agire e mettendoli così alla prova. Questo, infine, anche per un quadro normativo nazionale che obbliga tutti gli Atenei a prevedere la rappresentanza, ad esempio, degli studenti nei luoghi in cui si decide a livello di Ateneo.
La nostra Università può uscire dalla crisi rafforzata. L’Università deve essere più accessibile e allo stesso tempo più capace di selezionare i meriti e i talenti. Non serve a niente un’Università che premia indiscriminatamente tutti, serve una Università che fa mettere in gioco gli studenti in un quadro di didattica di alto livello. Li mette in gioco con i loro colleghi europei. Li mette in condizioni di avere un collegamento solido tra mondo della formazione universitaria, della ricerca e del lavoro. La crescita individuale significa crescita della società solo se la società (e quindi privati, Politica e istituzioni) è in grado di fornire le opportunità di applicazione per le persone che forma. Il PD a Siena negli ultimi mesi si è interrogato fortemente su questi temi e questo mi fa molto piacere perché se ne sentiva il bisogno. Purtroppo il tempo non mi permette di sviluppare questo ragionamento e vado a chiudere.
Al nostro Partito spetta una sfida molto difficile nei prossimi mesi. Io credo che l’impostazione che stiamo dando alla Campagna Elettorale e al nostro Partito sia giusta. Parlare di temi. Costruire, come ho cercato di dire, un racconto compiuto della società. Non una serie di proposte fini a sé stesse, ma una serie di proposte collegate in un disegno più grande per i nostri territori e per i cittadini, che si trovano spiazzati dalla crisi. Questo racconto compiuto parte da qui. Parte da una serie di proposte e riflessioni per lavorare su una nuova società. Una società diversa in cui la sfera pubblica dei cittadini sia sempre più solida e non abdichi semplicemente al privato, nella disillusione più assoluta, o nella paura. Non possiamo permettere che le nostre terre vedano cittadini che vivono di giorno come attorniati da nemici e competitori ovunque, e che la notte, magari, dormono con la testata del letto accanto ad un muro oltre il quale dorme un’altra famiglia di cui nemmeno si conosce il nome. Partendo anche da qui, dalla storia di vita di ciascuno, possiamo continuare e magari insegnare ad essere un’alternativa vera e solida nella società.
11 commenti:
"La destra propone una soluzione che sottovalutiamo e che invece è fortemente coerente e affonda le proprie radici in un retroterra culturale solido. Ci dice: “vivi questo eterno presente e aspetta l’occasione giusta; basta essere normali ed avere la propria occasione” e così via con reality, lotterie e consumi"
STRONZATA COLOSSALE! denota faziosità ma soprattutto
SUPERFICIALITA' SU UN MONDO CHE NON CONOSCI MINIMAMENTE.
La destra si riferisce a valori spirituali ed eterni, quanto di più lontano da consumi e reality tu possa pensare.
Prova a frequentare un anno Atreju, la festa nazionale di Azione Giovani o qualsiasi altro campo organizzato, e ti troverai davanti una comunità che è quanto di più lontano dal tuo stereotipo. E forse capirai perchè a giugno perderete un paio di comuni anche qui a Siena.
"Vivi come se dovessi morire subito, pensa come se non dovessi morire mai"
C'è un pò di differenza con l'aspettare l'eterno presente o l'occasione da reality...
Carissimo Anonimo, mi dispiace davvero tu viva ancora in maniera così "illusa" la destra italiana. Quando dico "destra" in questo discorso non mi riferisco alla Destra italiana storica (dal fascismo all'MSI, e nemmeno Alleanza Nazionale), mi riferisco bensì (e, essendo il discorso pronunciato in una conferenza programmatica per le prossime amministrative, mi sembra coerente) all'attuale centrodestra italiano. In particolare al PDL.
Il mondo della Destra che intendi tu lo conosco abbastanza bene per ragioni di studio, anche se probabilmente in modo parziale. Quello che dici tu è legato a ben altre esperienze (se vuoi riferimenti elettorali, per quanto sia un mondo culturale difficilmente riconducibile ad una sigla elettorale, possiamo prendere da una parte "La Destra" e dall'altra "Forza Nuova").
Io qui mi riferisco alla destra berlusconiana e pseudo-neo-liberista che ha visto il suo coronamento in Forza Italia prima e nel PDL ora. Come vedi la superficialità o l'altra parola, che da gentleman utilizzi, non sono appropriate.
Secondo te Berlusconi si riferisce a "valori spirituali ed eterni"? Secondo te un elettore medio del PDL si riconoscerebbe nel motto che racconti?
Ti dirò di più. La destra di cui parli tu si oppone fortemente alla destra liberista berlusconiana. Si oppone al consumismo, al sostegno a Israele (solitamente ci si dichiara filo-palestinesi) etc.
Mi sembra che dovresti schiarirti le idee, non credi?
A parte gli scherzi, hai capito la differenza FONDAMENTALE tra la destra di cui parli te (e che peraltro è ora estremamente minoritaria a livello di Politica nazionale) e la destra di Berlusconi e del Fini "new stile"?
Mi pare evidente che Niccolò non abbia ancora capito cosa si intenda esattamente per Berlusconismo. Su Wikipedia si legge che "Berlusconismo è il termine solitamente utilizzato nel giornalismo e in sociologia politica per indicare le linee guida e i valori che ispirano l'azione politica di Silvio Berlusconi". Ebbene, quali saranno mai questi valori si chiederà ancora Niccolò? La risposta è semplice perchè si trova scritta nella Carta dei valori del Partito Popolare Europeo (Ppe di cui il pdl è parte integrante e maggioritaria), con i riferimenti alla libertà, alla dignità dell'uomo, ai pari diritti tra uomo e donna, sacralità della vita, difesa della famiglia naturale. "Questo e solo questo è ciò che gli altri chiamano berlusconismo.... Sono valori che sono alla base della nostra rivoluzione liberale" ha ribadito Berlusconi al congresso fondativo del Pdl.
P.S. UNA DOMANDA:
Più sopra, ho citato il Partito Popolare Europeo di cui il Pdl è parte integrante. Ma il Pd, a livello europeo di che schieramento fa parte? Fa percaso parte del partito Socialdemocratico?
E' gradita la risposta di Niccolò. Grazie.
Anonimo del XXI secolo
Ma sei un anonimo diverso da quello sopra vero?
Il primo commento non faceva riferimento né al berlusconismo né alla matrice liberale di cui parli te. Faceva bensì riferimento alla cultura di destra, che ho descritto prima.
L'azione politica di Berlusconi è per certi versi legata alla matrice liberale, ma per altri profondamente lontana. Prova a leggere un grandissimo liberale, nel quale peraltro in buona misura mi ritrovo, come Jhon Stuart Mill e vedrai come inorriderai se davvero sei un profondo sostenitore di Silvio Berlusconi.
I valori che elenchi sono contraddetti da un buon numero di misure dei vari Governi Berlusconi. Qualche esempio. "libertà e alla dignità dell'uomo": la libertà si intende come possibilità di esercizio del proprio libero arbitrio su tutto ciò non comporti l'invasione o la limitazione della libertà del libero arbitrio degli altri; come ti spieghi dunque le norme in tema di fecondazione assistita? o come ti spieghi le norme riguardo l'obbligatorietà di denuncia da parte dei medici di pazienti clandestini?, "pari diritti tra uomo e donna": non mi sembra che Berlusconi incarni questo aspetto..., "sacralità della vita": su questo siamo tutti d'accordo (per fortuna), però la vita, in quanto sacra, deve poter essere goduta pienamente nel libero esercizio del diritto di vivere e di scegliere anche davanti alle nuove possibilità della scienza; "difesa della famiglia naturale": la famiglia "naturale" è quella composta da un uomo, una donna e il o i figli; uomo e donna sposati; credi che la famiglia naturale si garantisca negando diritti a chi fa scelte diverse nella propria vita in questo tema (coppie non sposate, coppie omosessuali etc.), oppure si difenda garantendo ai giovani di potersi fare una famiglia? Mi sembra che il Governo Berlusconi difenda la famiglia a parole, ma poi abbia fatto di tutto per impedire ai giovani di potersi fare una famiglia (lavoro precario, scarsi incentivi alle giovani coppie etc. etc.).
Non nego comunque che, all'interno del PDL, vi sia una buona componente liberale. Però dire che il berlusconismo sia il liberalismo è errato politicamente e storicamente. Altrimenti non si sarebbe inventato il termine "berlusconismo". Non credi?
Dimenticavo sulla collocazione europea del PD... All'interno del Partito il dibattito c'è e ancora non è stato sciolto il nodo. Quindi posso dirti solo un'opinione personale. Io credo che il PD abbia la necessità di collocarsi nel campo di quei partiti che, nei diversi paesi, rappresentano l'alternativa reale e riformista alle destre. Come c'è differenza tra la destra francese, spagnola, tedesca e italiana, così c'è differenza tra la sinistra spagnola, francese, inglese, tedesca, italiana... Credo che il partito europeo che incarna questi valori sia senza dubbio il PSE. E' chiaro che anche quest'ultimo ha bisogno di riforma. E, vedendo le aperture che ha dato, ritengo sia la collocazione naturale del PD. L'unica resistenza è semplicemente terminologica (Socialista) e può essere superata se si guardano i contenuti, ossia quello che conta di più.
Scusa Niccolò la parola non proprio fine...Era uno sfogo.
Comunque ribadisco che sbagli. La destra di cui parlo io è anche all'interno del PDL, forse per ora è minoritaria ma c'è ed è rappresentata per esempio da Giorgia Meloni (un ministro della Repubblica Italiana non noccioline...) o da Fabio Rampelli, da Gianni Alemanno (Sindaco della Capitale) o Luca Gramazio, da Andrea de Priamo e tanti altri ancora...Questa visione della vita è quella a cui fa riferimento tuttora tutta Azione Giovani (te lo dico perchè fo parte di Ag a Firenze e lo so bene), che fino a prova contraria fa parte del PDL,e a cui fanno riferimento tutte le persone uscite da quell'esperienza e che ora portano i loro valori all'interno del PDL. Non so per quanto possa rimanere una "corrente" minoritaria visto che ha un grande consenso alla base e un impegno e un tratto comunitario che i "liberisti berlusconiani" si sognano.
Fare finta che nel Pdl non esista chi crede in questi valori o pensare che siano una piccolissima minoranza significa essere faziosi o ignoranti (nel senso di ignorare, non in accezione volgare).
Tra l'altro anche alcuni di Forza Italia stanno leggermente virando, basti pensare a Tremonti che ha scritto un libro molto critico sulla globalizzazione, ha parlato di un freno al liberismo, di ritornare ad uno Stato che si occupi di economia in senso sociale, di banche come usura addirittura. Tutti cose che fanno parte del bagaglio culturale della destra che te pensi di trovare altrove.
A tale proposito ti invito a ascoltare il discorso di Giorgia Meloni all'ultimo congresso di An su youtube, è molto interessante.
Saluti
L'anonimo del primo commento
Ora ho capito come si faccia a spendere un mare di parole senza dire nulla
Ecco invece come spendere due righe dicendo un mare di cazzate
Infatti vedo che mi hai copiato benissimo...bravo!
Wondering it is looks amazing.
Wondering it is looks amazing.
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