mercoledì 9 settembre 2009

Intervento di presentazione della Mozione sulla scuola stamani in Consiglio Provinciale

“Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli. Allora, che cosa fare? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.” Questo è il punto.
Qualcuno potrà storcere il naso davanti a queste parole, che sembrano davvero scritte per la situazione odierna. Invece, a pronunciare queste parole è stato Piero Calamandrei, uno dei nostri padri costituenti nel lontano 11 febbraio 1950.
Qualcosa, però, ci ha insegnato la storia. Ci ha insegnato che una scuola pubblica di qualità significa mobilità sociale, accrescimento culturale e civile, costruzione di un’identità comune, investimento sulla risorsa più importante per un Paese: le giovani generazioni. L’istruzione non è un bene di consumo, è un diritto fondamentale che non può sottostare alle leggi di mercato. Vedete, la missione delle istituzioni pubbliche, il loro “affare di stato più importante”, come ebbe a dire Jean Jacques Rousseau, dovrebbe essere l’Istruzione Pubblica.
Quando Rousseau affermò la priorità dell’Istruzione Pubblica, nelle agende dei governanti di allora al primo posto c’erano guerre, intrighi e questioni di corte. E quindi dirlo era rivoluzionario. Non consola che anche oggi, a fronte della situazione nazionale, dare la priorità all’istruzione sia rivoluzionario.
Abbiamo quindi presentato la mozione sulle politiche nazionali sulla scuola, come maggioranza (Pd, Sinistra e Idv), per portare in questo consesso il tema della scuola. In dieci minuti è impossibile inquadrare tutte le problematiche e gli errori, perseguiti peraltro con leggerezza sconcertante, degli ultimi mesi. Cercherò quindi solamente di inquadrare il tema generale della nostra mozione per brevi punti.
Primo punto, il personale docente e non docente. I decreti del Governo prevedono una riduzione che inciderà pesantemente sull’offerta formativa delle nostre scuole. Ciò significa non comprendere l’evoluzione della nostra società. Sempre più, in particolare nella scuola di primaria ma non solo, c’è bisogno di quel lavoro attento e costante degli insegnanti mirato ai bambini e alle bambine che hanno più bisogno per diverse ragioni. Tagliare il personale significa fare una scelta chiara, di cui bisogna assumerne la responsabilità: lasciare chi è più indietro sempre più indietro. Differenziare, in una parola, l’accesso al sapere e all’accrescimento culturale. Questo è inaccettabile.
Secondo punto. La Corte Costituzionale ha bloccato l’intendimento dell’eliminazione di tante scuole piccole, tra cui alcune anche nel nostro territorio. Pensiamo a Radicondoli, o ad Ulignano, solo per citarne due, che peraltro ha vinto recentemente un premio nazionale per la qualità. Mi sconcerta che uno dei partiti al Governo, che proclama di avere cara la differenza culturale e l’identità territoriale, passi sotto silenzio una riforma del genere. Una scuola in una frazione rappresenta un’occasione irrinunciabile di pari opportunità nell’accesso al sapere, di agevolazione alle famiglie e di valorizzazione delle comunità locali.
Terzo punto. Sempre a proposito del non stare al passo con i cambiamenti della società, abbiamo visto come la domanda di moduli a 30 o 40 ore è preponderante tra le scelte delle famiglie. Il Governo, invece, ha marciato in direzione ostinata e opposta.
Quarto punto. Il Governo ha intrapreso una strada di destrutturazione sistematica dell’impianto di istruzione del nostro Paese. Una destrutturazione fatta a colpi di decreti, senza un disegno di fondo, senza la capacità di proporre un’idea di scuola pubblica alternativa. Noi siamo consapevoli dei limiti che esistono nel sistema e non pensiamo ad una tattica conservatrice. C’è bisogno di innovazione e di adeguamento ai tempi di un sistema che ha conosciuto riforme sempre meno organiche e sempre più confusionarie. Sappiamo però che quanto fatto finora non fa altro che peggiorare drammaticamente la situazione.
Mi sembra ci sia troppa approssimazione, troppa leggerezza nell’affrontare un argomento importante come la scuola. E tra poche settimane gli studenti dei nostri territori, che già l’anno scorso hanno dimostrato la loro serietà e la loro voglia di conoscere ed incidere, demolendo colpo dopo colpo lo stereotipo dello studente che protesta per perdere la scuola, ce lo diranno chiaramente. Per questo, per essere in sintonia con chi le scuole le sta vivendo, per chi ci lavora, per chi in questi giorni vede messo a rischio il proprio posto di lavoro e quindi il proprio progetto di vita, abbiamo deciso di portare in questo consesso questo tema.
Può sembrare la solita retorica, se volete, ma vi garantisco che c’è in giro molta consapevolezza e molta voglia di incidere rispetto a questi argomenti. E penso davvero che dal dibattito di oggi possa venire un segnale importante.
Proponiamo quindi di esprimere una forte preoccupazione per la situazione che si sta determinando nelle scuole e di riconfermare che le modifiche introdotte nel settore scolastico non siano fondate su approfondite riflessioni sul modello educativo e pedagogico, ma solo sulla necessità del contenimento dei costi, accompagnato ad un progetto culturale mirato alla destrutturazione dell’istruzione nel nostro Paese. Proponiamo quindi di esprimere il nostro impegno, come Consiglio Provinciale, di difendere presso le sedi competenti le scuole della nostra Provincia, accanto all’intendimento di continuare ad investire economicamente e politicamente, secondo le nostre competenze. Infine, invitiamo il Governo a riconsiderare le attuali politiche scolastiche che comportano inevitabilmente una riduzione di efficacia e qualità del sistema scolastico. E’ necessario avviare un percorso condiviso per una riforma vera e propria del sistema scolastico italiano, partendo dai contenuti e dai principi educativi, oltre che dall’ascolto di chi la scuola la vive e la fa, e non dai tagli. Chiediamo inoltre al Governo di garantire le risorse adeguate alle autonomie scolastiche per consentire il normale funzionamento degli istituti. Infine, chiediamo di individuare celermente soluzioni adeguate e certe per il personale ATA, la cui drammatica riduzione mette a rischio il normale funzionamento di tante scuole, e per la condizione di precarietà di una parte importante del personale della scuola.
Vi ringrazio.

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