lunedì 21 settembre 2009
Storie ordinarie che non vanno in prima pagina...
Laureato in matematica e fisica ma da anni precario e con un'occupazione da muratore, si è tolto la vita perchè la ditta edile nella quale lavorava si è vista costretta a ridurre il personale. Si è sparato un colpo al petto un quarantanovenne residente a Sora.
A trovare l'uomo, questa mattina, è stata la moglie insospettita dal mancato rientro del marito a casa e dal fatto che dal balcone vedeva la sua auto parcheggiata in cortile, un'abitazione di Via Facchini. La donna è scesa ed ha notato il corpo dell'uomo sul sedile.
In un primo momento ha creduto stesse male e poi quando si è resa conto della tragedia ha immediatamente dato l'allarme. Inutile ogni soccorso.
L'uomo, che fino al 2000 ha lavorato come vigilantes in un istituto di sicurezza, da otto anni si arrangiava con lavori saltuari, contratti a tempo determinato presso il Comune e presso alcune ditte in attesa della chiamata per l'insegnamento. Ieri l'epilogo di una situazione economico-finanziaria e psicologica ormai devastante: la ditta, dove era impiegato come muratore da un paio d'anni, ha comunicato al quarantanovenne che da lunedì non avrebbe più lavorato.
Sull'episodio indagano gli agenti del Commissariato di Sora. La Procura della Repubblica di Cassino ha disposto il sequestro della salma che quasi certamente verrà sottoposta ad esame autptico. L'uomo ha lasciato due bambini di sei e tre anni.
fonte qui
venerdì 18 settembre 2009
La Lega stimola un clima sociale positivo e civile...
Non c'è mai una connessione perfettamente aderente di causa-effetto tra clima generale e azione individuale, ma è innegabile e palese che l'atteggiamento tenuto e le parole (con leggerezza e ignoranza sociale, culturale e storica) pronunciate quotidianamente da anni dagli esponenti della Lega stiano contribuendo significativamente.
TREVISO - Un ragazzino kosovaro di tredici anni costretto a cambiare scuola perché preso in giro dai compagni di classe. Non ne poteva più di subire insulti razzisti, di ascoltare offese che lo ferivano, così ha chiesto ai genitori di cambiare scuola.
Un altro episodio di baby-bullismo a sfondo razziale che scuote Treviso, città simbolo del potere leghista in Veneto. Il nuovo caso viene a galla pochi giorni dopo che una sedicenne, scoperta a rubare ai Magazzini Coin, ha insultato il vigilante di colore che l'aveva sorpresa con un paio di pantaloncini e un reggiseno in borsa, senza averli pagati.
Storie quotidiane di razzismo che si consumano nel cuore del Nordest. La triste vicenda del ragazzino kosovaro è emersa casualmente dopo un'ordinaria lite tra coetanei. E' successo che la titolare di un bar in centro città ha chiamato il 113 dicendo che all'interno del locale si era rifugiato un ragazzo di 13 anni italiano per sfuggire all'inseguimento di due coetanei kosovari.
All'arrivo delle volanti è emersa la vera storia, confermata dallo stesso ragazzino trevigiano. Il più piccolo dei kosovari ha infatti raccontato agli agenti che lo scorso anno è stato costretto a cambiare scuola a causa dei continui soprusi subiti dal giovane italiano, rifugiatosi all'interno del bar, spalleggiato dagli altri compagni di classe. Ha ricostruito per filo e per segno un anno scolastico da dimenticare, con i compagni di classe a sbeffeggiarlo dalla prima all'ultima ora.
E' finita invece in questura la sedicenne sorpresa a rubare da Coin al termine di una vicenda incredibile. Quando l'antitaccheggio posizionato all'uscita del grande magazzino ha iniziato a suonare, la guardia di colore incaricata di svolgere i controlli ha fermato la ragazza che, alla richiesta di controllare il contenuto della borsa ha perso la testa: "Negro di m...", si è messa ad urlare di fronte ai clienti del negozio allibiti. "Lasciami stare che tanto voi siete tutti spacciatori", ha poi aggiunto.
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Rivoluzione Culturale
Le iniziative di oggi a San Gimignano per la scuola di formazione
Venerdì 18 settembre
16.30 Iscrizioni e accredito partecipanti
17.00 Apertura della scuola e saluti
17.30-18.30 Relazione introduttiva Paolo Fontanelli, Resp. Enti locali PD
18.30-19.30 La città futura, Guido Martinotti, Sum
20.00 Cena
21.00-22.30 Tavola rotonda: La sfida del governo per le nuove generazioni
Cristian Pardossi, Giacomo D’Arrigo, Dario Nardella, Diego Ciulli
Coordina: Elisa Meloni, Segreteria PD
16.30 Iscrizioni e accredito partecipanti
17.00 Apertura della scuola e saluti
17.30-18.30 Relazione introduttiva Paolo Fontanelli, Resp. Enti locali PD
18.30-19.30 La città futura, Guido Martinotti, Sum
20.00 Cena
21.00-22.30 Tavola rotonda: La sfida del governo per le nuove generazioni
Cristian Pardossi, Giacomo D’Arrigo, Dario Nardella, Diego Ciulli
Coordina: Elisa Meloni, Segreteria PD
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Politica
mercoledì 16 settembre 2009
Per la libertà di informazione
L'attacco a "Repubblica", di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l'ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l'opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un'eccezione della democrazia. Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c'è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere.
Invece, si batte la strada dell'intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell'informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.
Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d'informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.
Franco Cordero
Stefano Rodotà
Gustavo Zagrebelsky
Invece, si batte la strada dell'intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell'informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.
Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d'informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.
Franco Cordero
Stefano Rodotà
Gustavo Zagrebelsky
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Firmate questo appello qui...
mercoledì 9 settembre 2009
Intervento di presentazione della Mozione sulla scuola stamani in Consiglio Provinciale
“Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli. Allora, che cosa fare? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.” Questo è il punto.
Qualcuno potrà storcere il naso davanti a queste parole, che sembrano davvero scritte per la situazione odierna. Invece, a pronunciare queste parole è stato Piero Calamandrei, uno dei nostri padri costituenti nel lontano 11 febbraio 1950.
Qualcosa, però, ci ha insegnato la storia. Ci ha insegnato che una scuola pubblica di qualità significa mobilità sociale, accrescimento culturale e civile, costruzione di un’identità comune, investimento sulla risorsa più importante per un Paese: le giovani generazioni. L’istruzione non è un bene di consumo, è un diritto fondamentale che non può sottostare alle leggi di mercato. Vedete, la missione delle istituzioni pubbliche, il loro “affare di stato più importante”, come ebbe a dire Jean Jacques Rousseau, dovrebbe essere l’Istruzione Pubblica.
Quando Rousseau affermò la priorità dell’Istruzione Pubblica, nelle agende dei governanti di allora al primo posto c’erano guerre, intrighi e questioni di corte. E quindi dirlo era rivoluzionario. Non consola che anche oggi, a fronte della situazione nazionale, dare la priorità all’istruzione sia rivoluzionario.
Abbiamo quindi presentato la mozione sulle politiche nazionali sulla scuola, come maggioranza (Pd, Sinistra e Idv), per portare in questo consesso il tema della scuola. In dieci minuti è impossibile inquadrare tutte le problematiche e gli errori, perseguiti peraltro con leggerezza sconcertante, degli ultimi mesi. Cercherò quindi solamente di inquadrare il tema generale della nostra mozione per brevi punti.
Primo punto, il personale docente e non docente. I decreti del Governo prevedono una riduzione che inciderà pesantemente sull’offerta formativa delle nostre scuole. Ciò significa non comprendere l’evoluzione della nostra società. Sempre più, in particolare nella scuola di primaria ma non solo, c’è bisogno di quel lavoro attento e costante degli insegnanti mirato ai bambini e alle bambine che hanno più bisogno per diverse ragioni. Tagliare il personale significa fare una scelta chiara, di cui bisogna assumerne la responsabilità: lasciare chi è più indietro sempre più indietro. Differenziare, in una parola, l’accesso al sapere e all’accrescimento culturale. Questo è inaccettabile.
Secondo punto. La Corte Costituzionale ha bloccato l’intendimento dell’eliminazione di tante scuole piccole, tra cui alcune anche nel nostro territorio. Pensiamo a Radicondoli, o ad Ulignano, solo per citarne due, che peraltro ha vinto recentemente un premio nazionale per la qualità. Mi sconcerta che uno dei partiti al Governo, che proclama di avere cara la differenza culturale e l’identità territoriale, passi sotto silenzio una riforma del genere. Una scuola in una frazione rappresenta un’occasione irrinunciabile di pari opportunità nell’accesso al sapere, di agevolazione alle famiglie e di valorizzazione delle comunità locali.
Terzo punto. Sempre a proposito del non stare al passo con i cambiamenti della società, abbiamo visto come la domanda di moduli a 30 o 40 ore è preponderante tra le scelte delle famiglie. Il Governo, invece, ha marciato in direzione ostinata e opposta.
Quarto punto. Il Governo ha intrapreso una strada di destrutturazione sistematica dell’impianto di istruzione del nostro Paese. Una destrutturazione fatta a colpi di decreti, senza un disegno di fondo, senza la capacità di proporre un’idea di scuola pubblica alternativa. Noi siamo consapevoli dei limiti che esistono nel sistema e non pensiamo ad una tattica conservatrice. C’è bisogno di innovazione e di adeguamento ai tempi di un sistema che ha conosciuto riforme sempre meno organiche e sempre più confusionarie. Sappiamo però che quanto fatto finora non fa altro che peggiorare drammaticamente la situazione.
Mi sembra ci sia troppa approssimazione, troppa leggerezza nell’affrontare un argomento importante come la scuola. E tra poche settimane gli studenti dei nostri territori, che già l’anno scorso hanno dimostrato la loro serietà e la loro voglia di conoscere ed incidere, demolendo colpo dopo colpo lo stereotipo dello studente che protesta per perdere la scuola, ce lo diranno chiaramente. Per questo, per essere in sintonia con chi le scuole le sta vivendo, per chi ci lavora, per chi in questi giorni vede messo a rischio il proprio posto di lavoro e quindi il proprio progetto di vita, abbiamo deciso di portare in questo consesso questo tema.
Può sembrare la solita retorica, se volete, ma vi garantisco che c’è in giro molta consapevolezza e molta voglia di incidere rispetto a questi argomenti. E penso davvero che dal dibattito di oggi possa venire un segnale importante.
Proponiamo quindi di esprimere una forte preoccupazione per la situazione che si sta determinando nelle scuole e di riconfermare che le modifiche introdotte nel settore scolastico non siano fondate su approfondite riflessioni sul modello educativo e pedagogico, ma solo sulla necessità del contenimento dei costi, accompagnato ad un progetto culturale mirato alla destrutturazione dell’istruzione nel nostro Paese. Proponiamo quindi di esprimere il nostro impegno, come Consiglio Provinciale, di difendere presso le sedi competenti le scuole della nostra Provincia, accanto all’intendimento di continuare ad investire economicamente e politicamente, secondo le nostre competenze. Infine, invitiamo il Governo a riconsiderare le attuali politiche scolastiche che comportano inevitabilmente una riduzione di efficacia e qualità del sistema scolastico. E’ necessario avviare un percorso condiviso per una riforma vera e propria del sistema scolastico italiano, partendo dai contenuti e dai principi educativi, oltre che dall’ascolto di chi la scuola la vive e la fa, e non dai tagli. Chiediamo inoltre al Governo di garantire le risorse adeguate alle autonomie scolastiche per consentire il normale funzionamento degli istituti. Infine, chiediamo di individuare celermente soluzioni adeguate e certe per il personale ATA, la cui drammatica riduzione mette a rischio il normale funzionamento di tante scuole, e per la condizione di precarietà di una parte importante del personale della scuola.
Vi ringrazio.
Qualcuno potrà storcere il naso davanti a queste parole, che sembrano davvero scritte per la situazione odierna. Invece, a pronunciare queste parole è stato Piero Calamandrei, uno dei nostri padri costituenti nel lontano 11 febbraio 1950.
Qualcosa, però, ci ha insegnato la storia. Ci ha insegnato che una scuola pubblica di qualità significa mobilità sociale, accrescimento culturale e civile, costruzione di un’identità comune, investimento sulla risorsa più importante per un Paese: le giovani generazioni. L’istruzione non è un bene di consumo, è un diritto fondamentale che non può sottostare alle leggi di mercato. Vedete, la missione delle istituzioni pubbliche, il loro “affare di stato più importante”, come ebbe a dire Jean Jacques Rousseau, dovrebbe essere l’Istruzione Pubblica.
Quando Rousseau affermò la priorità dell’Istruzione Pubblica, nelle agende dei governanti di allora al primo posto c’erano guerre, intrighi e questioni di corte. E quindi dirlo era rivoluzionario. Non consola che anche oggi, a fronte della situazione nazionale, dare la priorità all’istruzione sia rivoluzionario.
Abbiamo quindi presentato la mozione sulle politiche nazionali sulla scuola, come maggioranza (Pd, Sinistra e Idv), per portare in questo consesso il tema della scuola. In dieci minuti è impossibile inquadrare tutte le problematiche e gli errori, perseguiti peraltro con leggerezza sconcertante, degli ultimi mesi. Cercherò quindi solamente di inquadrare il tema generale della nostra mozione per brevi punti.
Primo punto, il personale docente e non docente. I decreti del Governo prevedono una riduzione che inciderà pesantemente sull’offerta formativa delle nostre scuole. Ciò significa non comprendere l’evoluzione della nostra società. Sempre più, in particolare nella scuola di primaria ma non solo, c’è bisogno di quel lavoro attento e costante degli insegnanti mirato ai bambini e alle bambine che hanno più bisogno per diverse ragioni. Tagliare il personale significa fare una scelta chiara, di cui bisogna assumerne la responsabilità: lasciare chi è più indietro sempre più indietro. Differenziare, in una parola, l’accesso al sapere e all’accrescimento culturale. Questo è inaccettabile.
Secondo punto. La Corte Costituzionale ha bloccato l’intendimento dell’eliminazione di tante scuole piccole, tra cui alcune anche nel nostro territorio. Pensiamo a Radicondoli, o ad Ulignano, solo per citarne due, che peraltro ha vinto recentemente un premio nazionale per la qualità. Mi sconcerta che uno dei partiti al Governo, che proclama di avere cara la differenza culturale e l’identità territoriale, passi sotto silenzio una riforma del genere. Una scuola in una frazione rappresenta un’occasione irrinunciabile di pari opportunità nell’accesso al sapere, di agevolazione alle famiglie e di valorizzazione delle comunità locali.
Terzo punto. Sempre a proposito del non stare al passo con i cambiamenti della società, abbiamo visto come la domanda di moduli a 30 o 40 ore è preponderante tra le scelte delle famiglie. Il Governo, invece, ha marciato in direzione ostinata e opposta.
Quarto punto. Il Governo ha intrapreso una strada di destrutturazione sistematica dell’impianto di istruzione del nostro Paese. Una destrutturazione fatta a colpi di decreti, senza un disegno di fondo, senza la capacità di proporre un’idea di scuola pubblica alternativa. Noi siamo consapevoli dei limiti che esistono nel sistema e non pensiamo ad una tattica conservatrice. C’è bisogno di innovazione e di adeguamento ai tempi di un sistema che ha conosciuto riforme sempre meno organiche e sempre più confusionarie. Sappiamo però che quanto fatto finora non fa altro che peggiorare drammaticamente la situazione.
Mi sembra ci sia troppa approssimazione, troppa leggerezza nell’affrontare un argomento importante come la scuola. E tra poche settimane gli studenti dei nostri territori, che già l’anno scorso hanno dimostrato la loro serietà e la loro voglia di conoscere ed incidere, demolendo colpo dopo colpo lo stereotipo dello studente che protesta per perdere la scuola, ce lo diranno chiaramente. Per questo, per essere in sintonia con chi le scuole le sta vivendo, per chi ci lavora, per chi in questi giorni vede messo a rischio il proprio posto di lavoro e quindi il proprio progetto di vita, abbiamo deciso di portare in questo consesso questo tema.
Può sembrare la solita retorica, se volete, ma vi garantisco che c’è in giro molta consapevolezza e molta voglia di incidere rispetto a questi argomenti. E penso davvero che dal dibattito di oggi possa venire un segnale importante.
Proponiamo quindi di esprimere una forte preoccupazione per la situazione che si sta determinando nelle scuole e di riconfermare che le modifiche introdotte nel settore scolastico non siano fondate su approfondite riflessioni sul modello educativo e pedagogico, ma solo sulla necessità del contenimento dei costi, accompagnato ad un progetto culturale mirato alla destrutturazione dell’istruzione nel nostro Paese. Proponiamo quindi di esprimere il nostro impegno, come Consiglio Provinciale, di difendere presso le sedi competenti le scuole della nostra Provincia, accanto all’intendimento di continuare ad investire economicamente e politicamente, secondo le nostre competenze. Infine, invitiamo il Governo a riconsiderare le attuali politiche scolastiche che comportano inevitabilmente una riduzione di efficacia e qualità del sistema scolastico. E’ necessario avviare un percorso condiviso per una riforma vera e propria del sistema scolastico italiano, partendo dai contenuti e dai principi educativi, oltre che dall’ascolto di chi la scuola la vive e la fa, e non dai tagli. Chiediamo inoltre al Governo di garantire le risorse adeguate alle autonomie scolastiche per consentire il normale funzionamento degli istituti. Infine, chiediamo di individuare celermente soluzioni adeguate e certe per il personale ATA, la cui drammatica riduzione mette a rischio il normale funzionamento di tante scuole, e per la condizione di precarietà di una parte importante del personale della scuola.
Vi ringrazio.
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