martedì 24 febbraio 2009

Deliri di onnipotenza e di onnipresenza: Baricco, o della presunzione

C'è chi vuol fare le Rivoluzioni sulla propria poltrona, chi canta canzoni solo per scandalizzare (per poi strizzarci l'occhio: "ci prendiamo troppo sul serio"...; e gli altri tutti bravi a cascarci), chi piange (e fa piangere, questo è il problema) perché eliminata dal Grande Fratello mentre si consuma una tragedia vera, chi canta "superamori" in tv come un Dio sceso in terra... E c'è chi, dalle colonne di un quotidiano nazionale, trova la soluzione al mondo della cultura e dello spettacolo italiani. Come? Eutanasia. Si, proprio questo.
E' il teatrino (e mi scuserete il gioco di parole).
Sto parlando di Alessandro Baricco, passato già alla storia per delicati ritratti ("Novecento"), smielati romanzi ("Questa Storia") e saggi poco convenzionali ("I barbari").
Devo dire la verità. Ne "I Barbari" si trovano molti spunti interessanti e molte cose sono condivisibili. Consigliato perché mette luce su aspetti poco frequentati della nostra società e in particolare di quel "mutamento" che ci sembra unico e che ci accompagna tra Iphones e Youtube, passando per Facebook e Wikipedia. E l'intuizione è brillante e giusta: "c'è una rivoluzione tecnologica che d'improvviso rompe i privilegi della casta che deteneva il primato dell'arte" o "la spettacolarità diviene un valore". Il problema è che l'impianto generale del saggio manca di molte cose... E soprattutto il problema sta nelle conclusioni (esplicite o implicite) delle riflessioni.
Ma veniamo a noi. O meglio all'articolo comparso oggi su "Repubblica". Come e meglio di Povia, Baricco cattura la sua attenzione: "Basta soldi al teatro". Wow. "Luca era gay e adesso sta con lei", variante "Il teatro è una sola, diamolo alla Coca Cola". Più o meno suonerebbe così il ritornello. "Nessuna malattia", per carità: l'unica malattia è il finanziamento pubblico e la società intorno. "Nessuna guarigione", per carità: semmai una "soluzione finale", ossia lo sgancio degli ormeggi e la partenza per l'oceano increspato del capitalismo delle caravelle del teatro, della danza, della lirica, della musica...
Anche io, come Baricco, vi dico che sarebbero troppe le questioni sul tema e che "mi ci vorrebbe un libro per dire tutto ciò che penso sull'intreccio tra denaro pubblico e cultura" (ma che è una minaccia???).
Solo alcuni punti.
1) Il finanziamento pubblico alla Cultura ha l'obiettivo di estendere l'accesso alla cultura, ciò è per Baricco da "ricollocare" (come dicono ad un dipendente prima di licenziarlo); parlare di "cultura" è sbagliato e fuorviante: non esiste più una "Cultura" circoscrivibile, esistono diverse forme di cultura che pervadono la società (in maggiore o minor parte) e che si manifestano tramite l'ingegno umano; dunque, non è vero che tutta la cultura ha "abbattuto le proprie barriere" di accessibilità;
2) Lasciamo fare al mercato per abbattere le barriere, afferma Baricco: che ingenuità assoluta! Il mercato ha abbattuto tantissime barriere (volontariamente o involontariamente), ma è la Comunità che ha dato in questo senso i contributi più incisivi;
3) Scuola e televisione sono gli unici canali attraverso cui è raggiungibile chi accede alla vita culturale... Altro abbaglio assoluto: proprio in quella società molteplice e varissima, che descrive Baricco ne "I Barbari", non si può affermare che questi due siano gli unici canali, anzi!
4) Il FUS non comprende scuola e televisione non perché "stiamo combattendo su un campo in cui la battaglia è già finita", ma perché è una voce di spesa diversa; alla formazione si tagliano "Miliardi di Euro" e Baricco pensa di risolvere la questione spostando i trecentosettantotto milioni (si ad ora è questa la cifra) sulla scuola e sulla televisione? In televisione, al massimo, ponendo una distribuzione equa, si può pagare Bonolis per un annetto o poco più... Per il mondo del teatro e dello spettacolo, 378 milioni di Euro sono conditio sine qua non della sopravvivenza.
5) Come in tutti i campi, il mondo del teatro e dello spettacolo non è affatto immune da fenomeni negativi e di sprechi lampanti; ciò però non significa offendere il lavoro, spesso sottopagato o totalmente gratuito, degli operatori della cultura, che salvano LE DIVERSITA' di espressione e di produzione culturale;
6) Baricco si chiede se i privati farebbero peggio degli attuali operatori dello spettacolo e si risponde che ne è "convinto". Bene. Niente vieta ai privati anche oggi di investire in questo settore e, magari, di fare meglio. Anche io sono convinto che non è automatico che un privato faccia peggio, ma rigirare il discorso come fa Baricco è ridicolo. Inoltre, per informazione di Baricco, esistono anche ora molti privati che investono in questo settore sia imprenditorialmente che a livello pubblicitario o filantropico;
7) Baricco afferma che "il teatro di regia" è "praticamente l'unico riconosciuto in Italia". Falso. Baricco conosce tutte le forme di teatro sperimentale, impegnato, volontario, associativo, etc. etc.?
4) Mettiamo un bel programma sui libri in prima serata (come in Francia; credo si riferisca a questo Baricco); è finita la televisione da tre o sei canali e sempre più l'utente-cliente può scegliere su cosa sintonizzarsi (per fortuna: è il mercato, bellezza), quindi l'offerta televisiva si sta ampliando e sta comprendo sempre più settori; un esempio è un programma che segue le tournée di compagnie teatrali; altro punto: il programma di libri in prima serata (la panacea di Baricco) non c'è non perché mancano 378 milioni di euro alla Rai per produrlo; è una scelta editoriale;
5) Baricco si chiede dove fossero "i concerti di lieder, le raffinate messe in scena di Cechov, la Figlia del reggimento, le mostre sull'arte toscana del quattrocento etc." quando servivano, ossia (audite audite!) quando andava in onda il Grande Fratello. E Baricco dove era? No comment.
6) Baricco si domanda a ragione a cosa serva finanziare con soldi pubblici l'opera quando a scuola non si studia Verdi, etc. Su questo ha perfettamente ragione. Ma la soluzione non è smettere di finanziare Verdi, ma riformare i programmi scolastici;
7) Il teatro, la danza, la lirica etc. spesso rimangono in un terreno sconosciuto e molte persone ne rimangono estranee perché non le conoscono; prendo uno dei linguaggi ad oggi più difficili (assieme alla danza e alla musica contemporanea), ossia l'opera lirica; la prima volta che ho visto un'opera sono stato male, ho pianto, volevo scappare... Avevo sette anni. Era il Rigoletto. Oggi la amo. E, ad esempio, mi si racconti quanti delusi ci sono usciti dall'Arena di Verona (per prendere, come piace a Baricco, il più "commerciale" del "non-commerciale").
8) Baricco fa poi una bella lista di proscrizione. Via teatri stabili ("apritene uno in ogni scuola"! Mah... Esistono già, molto diffusi, i laboratori di teatro a scuola e, semmai, bisogna implementare le felici collaborazioni tra scuola e teatri, che portano gratuitamente o quasi i ragazzi a teatro; basta un professore minimamente illuminato che li faccia fare una relazione o un compito sopra quel determinato spettacolo...), via le Fondazioni che promuovono la lettura (e in tv un bel programma di libri, così la gente non si trova, non si relaziona, non vive socialmente, non esce di casa la sera, ma se ne sta rintanata sulla poltrona a farsi la sua flebo di cultura Baricchiana-si, perché sotto sotto lo vorrebbe condurre lui...), via i cartelloni di musica da camera (al prezzo di una serata la settimana in tv sottratta all'auditel... Sogni o sei desto? Ma allora vorresti trasportare la logica del non-commerciale in televisione, dove il commerciale regna? Semmai la soluzione sono i nuovi modi di fruizione della televisione, come -perdonatemi l'eresia, ma lo faccio per brevità- mySky).
9) Si ritiri lo stato, avanzino i privati; per Baricco è normale e auspicabile... Non sarebbe più semplice agevolare i privati senza ritirare lo stato (che peraltro destina lo 0,16% del suo bilancio a queste attività)?
10) Tutto questo caos fa Baricco quando ci sono battaglie (io l'ho seguita nello scorso Governo Berlusconi) per mantenere la sopravvivenza con le unghie e con i denti della diversità culturale nel nostro paese! L'Italia spende lo 0,16% del suo bilancio nel FUS, la media europea è l'1,4%, ossia quasi dieci volte di più! E allora che Baricco vada a scandalizzarsi all'estero, magari si incateni contro il Festival di Avignone (danza per giorni e giorni: puah... Meglio un programma in prima serata di libri-magari di Baricco-magari condotto da Baricco).
11) Immaginiamo un Governo di centro-sinistra. Ministro alla Cultura Alessandro Baricco. Primo provvedimento: taglio totale del FUS e distribuzione di 180 milioni di euro alla scuola (spiccioli) e altrettanti alla Rai (spiccioli). Brrrrr... Nemmeno Bondi oserebbe tanto.
12) Non si interpreti questi punti come una difesa strenua del sistema di finanziamento pubblico (FUS e altro) al mondo dello spettacolo così come è. Ci sono numerosissimi vizi, troppi soldi sprecati, investimenti sbagliati, investimenti in settori che fanno poca cultura e tanto business (parte dell'arte contemporanea), clientelismi... Ma i problemi sono fatti per essere risolti, non per eliminare un'opportunità.
13) Non esiste La Soluzione, anche perché il mondo della Cultura e dello Spettacolo è (per fortuna!) vario, soggettivamente valutabile, appassionato e appassionante... Quindi non ci sarà mai un accordo comune e univoco. Ma è anche questo il bello. Esiste pero una Soluzione: investire con coraggio, sostenere le giovani risorse, riformare i programmi scolastici, portare intere classi a teatro fin dalle elementari (come da varie parti accade), tornare (questo è per i giornalisti) alla vecchia e buona pratica della critica (Vera)... E molte altre belle idee.
Dopo tutto questo, mi è venuta voglia di ricominciare a seguire questo settore, per quanto riguarda l'impostazione politica.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il mio parere è che ci sono verità nell'articolo di Baricco e nel tuo Niccolò.
Credo comunque che nel primo se ne ritrovino molte meno che nel secondo.
Credo anche che nel suo sproloquio, perchè tale è, Baricco abbia alcune intuizioni, però male espresse o quanto meno offuscate da proposte di risoluzione inaccettabili. Vedi ad esempio lo stimolo a lasciare in mano ai privati la cultura escludento l'impegno pubblico dal settore perchè agonizzante e privo di vitalità. Non si danno strumenti culturali ai cittadini diminuendo le opportunità d'accesso alla cultura.
Per ultimo, Niccolò, dico anche che se tu non fossi la persona che sei, appassionato di teatro e cultore allo stesso tempo, innamorato della danza e della buona lettura, curioso ed amante della poesia anche in forma di musica, probabilmente non ti saresti risentito della parole scritte da A.B. ed avresti nella più normale delle ipotesi sorvolato sull'argomento.
Questo per dire che un pochino in fondo in fondo l'articolo tanto criticato c'ha ragione: dobbiamo senz'altro alzare la guardia contro la deriva culturale in cui, cause contingenti, ci stanno trascinando. L'allarme è lanciato...e non da ora!

buone cose

Andremarr ha detto...

che cos'è il genio?
E' fantasia, intuizione, decisione e rapidità di esecuzione. Aggiungo: capacità di eleborazione. Come questo post sguisci!

Anonimo ha detto...

Oggi su Repubblica la lucida risposta di Eugenio Scalfari alle quesioni affrontate da Baricco lo scorso 24 febbraio:

http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/spettacoli_e_cultura/spettacolo-baricco/scalfari-27feb/scalfari-27feb.html

buona lettura!