Si può dormire, si può riposare e si può crollare. In questi giorni sto dormendo poco, riposando poco e crollando di tanto in tanto.
Crollare significa adagiarsi su un piano orizzontale (possibilmente morbido), chiudere gli occhi e riaprirli immediatamente, salvo accorgersi che sono passate sei o sette ore. Crollando ci si riposa poco.
Dormire significa prendersi una tisana calda, leggere un po', magari un'oretta, distendersi, pensare a quel che è passato e a quel che sarà con accettabile serenità, dunque prendere sonno e magari sognare. Risvegliarsi come dopo tanto tempo, freschi, reconditamente allegri... E iniziare una nuova giornata.
Riposare significa togliere la suoneria ai telefoni, rimettere la sveglia dopo quindici o venti minuti (non più di mezz'ora) e adagiarsi non sul letto, ma su un divano. O anche una poltrona. Poltrire, per l'appunto, senza pretendere il sonno, ma accogliendolo timidamente se arriva. Al suono della sveglia, ci si sente ricaricati.
Crollando si risolve poco del problema sonno. Si, per me è un problema. Prima di tutto perché non mi piace questa idea che per forza bisogna dormire. Ci sono così tante cose nella vita da scoprire, sognare, studiare, accogliere... E invece bisogna dormire. E crollando semplicemente si risponde ad un'esigenza fisiologica.
Dormire, riposare, crollare...
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