domenica 20 gennaio 2008

L'INFINITO

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ogni qual volta ho l'occasione di leggere "L'Infinito" è come respirare a pieni polmoni dell'aria fresca.

Grazie Niccolò!

Anonimo ha detto...

Cosa ci sarà dietro la siepe "che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude"?
Cos'è veramente la siepe?
IO NEL PENSIER MI FINGO...
ma il "cuor" NON si "Spaura"...

Viola

Anonimo ha detto...

Non manca, nella meditazione di Leopardi, la sfiduciata visione di un'Italia perduta, inabissata nel cinismo e incapace - a differenza di altri paesi - di sopravvivere alla «strage delle illusioni »: «O la immaginazione tornerà in vigore, e le illusioni riprenderanno corpo e sostanza in una vita energica e mobile [...] o questo mondo diverrà un serraglio di disperati, e forse anche un deserto». .