Shrek terzo: un episodio evitabile. La trama è scontata fin dall'inizio: l'orco buono e simpatico riuscirà, dopo aver sistemato e delegato il regno che gli è stato affidato, a dedicarsi alla casa e alla famiglia? Certo. E' scontato. Perso del tutto lo smalto della parodia sulle fiabe, il lupo cattivo e i tre porcellini si riducono a personaggi utili solo a qualche gag. La principessa Fiona oscilla tra la buona madre di famiglia e la ninja da periferia. Le principesse, nel complesso, non-credibili come personaggi, si trasformano da ultra-viziate "visserofeliciecontente" ad una task force di marines nell'assalto all'usurpato castello. I cattivi delle fiabe, dopo un inutile impeto revancista, capiscono che alla fine contano solo i buoni sentimenti ed abbandonano Azzurro al suo triste e trito destino. Il giovane Artur, al quale è destinato il regno per gentile concessione di papà-Shrek, è il prototipo dello sfigato americano, che può redimersi non accettando e facendo accettare se stesso a coloro che lo scherniscono e deridono, ma soltanto quando diventa Re. E allora si prende una succulenta rivincita sugli "smutandatori" del liceo. Sarà lui, naturalmente, a salvare la baracca. Il finale è quanto di più scontato si potesse aspettare: lo show finale di Azzurro è rovinato dai buoni. E tutti vissero felici e contenti. Opaco anche il gatto con gli stivali, peraltro per buona metà del film scambiato con ciuchino da uno psicotico Mago Merlino. Personaggio anch'esso inconsistente e che fa sorridere solo i primi cinque minuti. Nel film da salvare soltanto la grafica veramente eccezionale e qualche rarissima gag che veramente fa sorridere. Il messaggio subliminale è chiaro: prima la famiglia e gli orchetti, poi il resto. Shrek così finisce l'episodio rallevando piccoli orchetti, e superando il trauma di diventare papà. Il film è così corto che alla fine scorre bene. Speriamo di non dover commentare o vedere uno Shrek IV.
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