lunedì 21 aprile 2008

Il Latini... Poesia gastronomica nella semplicità

Ieri tappa al Ristorante "Il Latini" di Firenze. Celebre e celebrato. Io sottoscrivo.



Una cena di poesia gastronomica. Si apre il racconto con tre sonetti d'antipasto. Il primo sonetto lungo e dolce, un prosciutto copiosamente tagliato che racconta nella sua morbidezza d'una cura minuziosa e paziente. Il secondo sonetto contrappone l'ottima salsa ai fegatelli, che tanti vergognosi insulti subisce nelle cucine d'Italia, al pomodoro tagliato fine adagiato sul pane. Un contrappunto di sapori ora cremosi, ora rosicchievoli, ora caldi e avvolgenti, ora freschi e leggeri... Il terzo sonetto ti riporta al tempo che non c'è più: una quartina è per la vista d'una fetta triangolare... Pensi sia "finocchiona", ma il cameriere annuncia: "briociolona" (o "sbriociolona")... E ti ricordi nella mente che la diffusissima finocchiona ha una madre sempre meno conosciuta, che però forse ti ricordi... E dopo la seconda quartina, quella della memoria, ecco le terzine del sapore. Che ti dicono d'un impasto fatto dolcemente. E di una carne soffice.
Prima del gran piatto, e tra un sorso di vino della casa discreto e silenzioso, che ottempera al suo compito d'esaltare i sapori senza voler entrare in scena da prim'attore, giunge la pappa al pomodoro. Non tutti son stati, credo, così fortunati da assaporare la pappa al pomodoro in casa. Piatto un tempo tipico: per farlo serve tempo ma non servono soldi. Oggi, che il tempo è denaro e ciascuno crede nell'immortalità del proprio ABI/CAB (salvo l'impatto catastrofico con la realtà di questi ultimi anni, subprime compresi), rifugiandosi nel piatto pronto o rapido (pur anche a volte di qualità), difficile è assaporare la vecchia pappa al pomodoro. Io mi posso dire fortunato, seppure sia raro averla gustata in casa... Posso dir grazie ad Angiolina che pazientemente, di tanto in tanto, la prepara e rende un tozzo di pane e un pomodoro un capolavoro, come un pittore rende peli e tintura un quadro rinascimentale. Allora aspetto al varco la pappa. Ed ella arriva. E non si vuol far domare. Si sente che nascosto dietro il caldo sapore e l'avvolgente consistenza si cela un soffrittino pazientemente misurato. E la pappa non solo supera la prova, ma ti lascia un senso di dipendenza: ne vorresti ancora. E subito.



Ma non è il momento dei desideri vani. Giacché, tolti i piatti delle pappe, arrivano due piatti bianchi e due coltelli più affilati... Ci siamo quasi: sarà veramente un surplus la bistecca? O davvero, come sibilano i detrattori, Il Latini è solo specchietto per turisti e quindi arriverà quella cosa che chiaman bistecca ma è filacciosa molliccia carne? Ecco... Giunge...



L'aspetto intriga: essendo già parzialmente tagliata, affiora il rosso sangue dal nero della brace... E ti dici: "è cotta bene". Prendi il coltello e, infilata distrattamente la forchetta, fai forza come si deve per tagliarla. Ma lei ti dice: "che fai? A che serve codesta violenza? Lo vedi che sono docile e tenera, e che sono qui non per sfamarti, ma per sublimare la tua esistenza per qualche minuto?". E tu non credi al coltello che rapido scorre tra le rotte che dai lungo la fiorentina... Anche il grasso non oppone resistenza: si scioglie lungo il coltello come burro colpito da un coltello caldissimo... Allora l'attesa diviene insopportabile: devi assaggiarla. Subito. La adagi dal vassoio al piatto. Un pezzo, due, con un osso... Tagli un pezzettino. Lo porti alla bocca. E senti qualcosa di nuovo... E capisci che da oggi una nuova categoria di Bistecca deve entrare nella tua testa: no, quella che finora hai chiamato "bistecca" non è quello che stai mangiando. Raramente, in effetti, fuor di esaltazione, mi è capitata una carne di questo genere.


E il silenzio ti pervade: non puoi parlare mentre sublimi le tue papille gustative. E i pensieri si sgombrano di qualsiasi ombra: per un momento soltanto luce estatica. E coltello e forchetta nelle mani sembrano plettri in un concerto di sinfonie inusitate: ascolti anche le vibrazioni di questo momento, di quella carne. E il trambusto intorno piano piano si placa nella mente: capisci che vale la pena esserci, soprattutto in questi momenti.


Finita l'esperienza del trascendente, nient'altro puoi aggiungere.


Delle patate fritte, ma tagliate bene, raccontano d'un mondo ormai lontano. E ti penti di non aver scelto fagioli all'uccelletta o, ad esempio, dei bei piselli.


Giunge infine un vinsanto discreto come il vino, in cui puoi intingere, con la fierezza dell'eroe che torna dal suo viaggio di conoscenza, il cantuccino. Niente caffé, niente distillato: non servono sapori per cancellare quel che di meraviglioso ha accarezzato il tuo palato e la tua lingua... Per oggi no.


Se qualcuno è giunto fin qui nella lettura (e questo pezzo è stato tagliato ampiamente), vi svelerò le ultime due cose... Il servizio è simpatico e diretto, ma non invadente. L'unica pecca del bel ristorante è l'ambiente concitato e strapieno (può capitare di trovarsi seduti accanto a sconosciuti, però questo non è così grave: è tradizione dei ristoranti fiorentini d'un tempo e alla fine non è così imbarazzante! Vedi Bordino Rosso a pranzo). Però bisogna dire che, con la necessaria prenotazione, il tempo di attesa è veramente breve. Ultima cosa: cotale esaltazione anche per il bel rapporto qualità-prezzo.


Un ristorante così potrebbe approfittarsene e non lo fa. Siete eroi dei tempi moderni, la vera sfida alla globalizzazione: non chiudersi, ma aprirsi; non lamentarsi, ma lavorare sulla qualità. Cari amici del Ristorante "Il Latini", continuate così e il poema continuerà a svelare i segreti del palato. Tornerò presto. E voi: non aspettate! Correte!

prenotazione obbligatoria

http://www.illatini.com/

Come raggiungerlo: in autobus prendete il 36/37 o 11 e scendete in via Tornabuoni; in auto parcheggiate alla Stazione Santa Maria Novella, quindi a piedi risalite via Tornabuoni (se avete paura di perdervi: raggiungete p.zza Duomo, quindi Piazza della Repubblica e qui girate a destra verso palazzo Strozzi e dunque siete in Tornabuoni) e prendete la Vigna Nuova (via), quindi sulla destra troverete la via Palchetti

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravo Niccolò,ottima scelta quella di andare dal latini;hai colto in pieno l'essenza di quel posto magico.
Secondo me insieme alla straordinaria semplicità della cucina è proprio l'ambiente che caraterrizza quel posto...si ha come l'impressione di essere sospesi nel tempo.
ciao