lunedì 22 settembre 2008

Uhlman e un piccolo capolavoro... e due riflessioni

Consigliato da Giulio un mesetto fa, ho letto "L'amico ritrovato" di Fred Uhlman. Consiglio veramente prezioso.
Un libro delicato e preciso. Una storia autobiografica apparentemente semplice, ma su cui si intrecciano, con sapiente mescolanza, diversi temi e diversi mondi. Un ragazzo nuovo in classe. L'adolescenza. L'amicizia. La Germania degli anni trenta. Due strade che si fanno una, per poi dividersi per sempre...
Non voglio dirvi nient'altro della storia. E' un libro che si legge in pochissimo tempo, ma poi sedimenta e cresce... Solo alcune brevissime riflessioni.
C'è un passaggio sulla Religione e sul concetto stesso di "credere" e "fede" che colpisce veramente. Da una parte mi ha riportato a riflessioni di tempo fa, dall'altra mi ha stimolato a rivedermi. "Non restavano che due alternative: o Dio non c'era o esisteva una divinità che era mostruosa nel caso fosse stata potente e inutile se non lo era"... "E hai ancora il coraggio di giustificare l'accaduto perché sei troppo pavido per vivere senza il tuo Dio?". Domande vere. Domande sincere. Fastidiose per chi crede. Si, fastidiose. A una domanda del genere molti hanno affanno per cercare una risposta, pochi per vivere questo dubbio.
Sull'ebraismo e, direi, "sull'essere ebrei" troviamo una riflessione che io condivido molto. E' posta come discussione tra un ebreo (padre del protagonista) e un altro ebreo sionista. "Mio padre detestava il sionismo, che giudicava pura follia. La pretesa di riprendersi la palestina dopo duemila anni gli sembrava altrettanto insensata che se gli italiani avessero accampato dei diritti sulla Germania perché un tempo era stata occupata dai Romani. Era un proposito che avrebbe provocato solo immani spargimenti di sangue, perché gli ebrei si sarebbero scontrati con tutto il mondo arabo. E comunque cosa c'entrava lui, che era nato e vissuto a Stoccarda, con Gerusalemme?". Molti (anzi quei pochi che stanno leggendo) saranno già sobbalzati sulla sedia a leggere questa affermazione: ecco che si nega il diritto di Israele ad esistere, ecco l'antisemitismo mascherato da razionalismo, ecco il relativismo cosmico! Un momento. Fermi. Io sono per il sacrosanto diritto di esistere per Israele dal momento che le attuali condizioni storiche hanno determinato la presente situazione. Oggi dire che Israele non debba esistere è fuori dal mondo. Fare però una riflessione storica (non politica) su Israele non credo sia tragico. Come dire che mi fa schifo quello che ha fatto Sharon credo non sia un'eresia.
Torniamo alla nostra storia... Il sionista accusa il padre del protagonista di essere "prodotto tipico dell'assimilazione". Il padre risponde: "Si, è vero. E cosa c'è di male? Io voglio identificarmi con la Germania e sarei uno dei più accaniti sostenitori dell'integrazione completa degli ebrei se fossi sicuro che questo potesse costituire un vantaggio per il nostro paese".
Questa riflessione la condivido, anche se non nell'ottica nazionalista o patriottica. Certo che leggerla detta da un ebreo alla vigilia di ciò che si è consumato in Germania fa rabbrividire... E fa capire come gli ebrei non fossero stati una cricca chiusa e esclusiva di affaristi, ma uomini e donne, cittadini e cittadine, che peraltro hanno dato un grandissimo contributo alla cultura del paese.
Ho voluto fare queste due riflessioni su due temi difficili. Sono stato rapido, incompleto e superficiale. Me ne scuserete. Per il resto, non voglio dirvi altro di questo libro... Che, oltre alle riflessioni che ho fatto, ha il suo punto di forza nel legame tra i due amici, che vi lascerò scoprire. Grazie a Giulio per il consiglio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

...letto a scuola tanto tempo fa Niccolò...grazie per avermelo fatto ricordare! E con tanta dovizia di particolari. Ottimo post.